Nel 2024, l’Italia si è confermata uno dei bersagli principali del cyber crime in Europa e nel mondo: nonostante infatti il nostro Paese rappresenti solo l’1,8% del PIL mondiale, ha registrato il 10% degli attacchi noti a livello globale. Secondo il Rapporto Clusit, solo nell’ultimo anno, gli attacchi informatici in Italia sono aumentati del 15%, con una crescita del 38% nel manifatturiero e del 40% nel settore tecnico-scientifico.
A finire nel mirino sono soprattutto le piccole e medie imprese industriali: realtà sempre più digitalizzate, interconnesse, ma spesso sprovviste di una vera governance IT interna.
Danni tangibili, non solo dati
Il problema ha ripercussioni reali sul business. Un attacco informatico non è solo una questione tecnica: per un’azienda manifatturiera, può significare fermare le linee, bloccare la logistica, interrompere le forniture, perdere disegni riservati o documentazione tecnica condivisa con clienti e partner.
A questo scenario già complesso, si aggiunge una nuova variabile: la Direttiva NIS2, entrata in vigore con l’obiettivo di elevare il livello di sicurezza di tutto l’ecosistema industriale europeo.
Cosa prevede la Direttiva NIS2
NIS2 coinvolge non solo le grandi imprese, ma anche molte PMI che operano in settori ritenuti essenziali, tra cui manifattura, trasporti, energia, sanità e ICT. L’obiettivo è chiaro: rafforzare la resilienza digitale, imponendo alle aziende requisiti minimi di sicurezza, la segnalazione obbligatoria degli incidenti cyber, e, elemento chiave, la responsabilità diretta del top management. In pratica, se la tua azienda subisce un attacco e non è preparata, le conseguenze potrebbero riguardare anche i vertici aziendali.
E non si parla solo di quello che succede “in casa”: la normativa tiene conto anche della rete di fornitori e partner. Perché oggi la sicurezza è una questione di filiera.
Anche un fornitore esterno può entrare nel tuo perimetro digitale
Prendiamo un esempio concreto. Quando lavori con un’agenzia di marketing, spesso le affidi materiali tecnici riservati, l’accesso a piattaforme condivise o a contenuti sensibili.
Comunicare online oggi passa dalla cyber security.
Se quell’agenzia non utilizza strumenti sicuri, se scambia file su canali non protetti, se non gestisce le password in modo strutturato, diventa un punto debole della tua infrastruttura digitale.
Ecco perché oggi, anche un partner esterno, pur non essendo un fornitore IT, deve avere una minima consapevolezza in materia di cyber security. Questo significa utilizzare servizi cloud affidabili, server con sede in Europa, strumenti per la gestione centralizzata degli accessi, e, soprattutto, essere pronto a collaborare se l’azienda cliente chiede specifiche procedure o tracciabilità.
In altre parole: non serve essere una tech company per lavorare in sicurezza. Serve professionalità e organizzazione, anche su questi aspetti.
Consapevolezza e cyber security
Nessun sistema è invulnerabile. Ma oggi il rischio cyber si gestisce solo se tutti gli attori coinvolti, dai fornitori di impianti ai consulenti di comunicazione, adottano un approccio responsabile.
Questo significa essere pronti a rispettare protocolli di sicurezza, condividere file con criteri adeguati, garantire la riservatezza di materiali delicati. Anche su questi fronti, la qualità di un partner fa la differenza.
La tua agenzia di marketing dovrebbe aiutarti a comunicare il valore del tuo know-how, ma senza metterlo a rischio dati sensibili.
Il cyber risk non si può eliminare, ma si può (e si deve) tenere sotto controllo.
E per farlo, non bastano firewall e antivirus: servono partner consapevoli, affidabili e reattivi, pronti a integrarsi nei processi aziendali.